A cosa è dovuta questa crescita?
- Il riassortimento degli approvvigionamenti spiega circa il 50% dell'aumento del valore dei flussi commerciali di quest'anno, poiché la corsa globale agli acquisti di “materie prime” sta sostenendo i volumi commerciali e aumentando i prezzi. Tutto ciò porta a una più ampia adozione del modello di gestione delle scorte "just-in-case", che può tradursi in una forma di micro-speculazione in cui le aziende si affrettano ad acquistare per proteggersi da ulteriori aumenti di prezzo. Tale strategia aggiunge affanno allo squilibrio domanda-offerta globale in corso, causato dalle rinnovate restrizioni Covid-19 e dalle carenze di energia in Asia-Pacifico, insieme all'accelerazione della domanda dovuta alla grande riapertura negli Stati Uniti e in Europa. Il risultato è che i volumi commerciali sono sostenuti e i prezzi continuano ad aumentare.
- I vincoli di spedizione sono causa di un altro 35% circa dell'aumento del valore dei flussi commerciali di quest'anno, poiché le navi sono attualmente utilizzate quasi al massimo della capacità e gli importatori sono disposti a pagare somme più alte per il trasporto dei loro ordini. È improbabile che l'industria navale si normalizzi nel breve termine (2021-2022). Ci sono segnali che i ritardi del trasporto marittimo stanno diminuendo ma la performance complessiva rimane la peggiore che si sia mai registrata in dieci anni di analisi (la quota di navi che non arrivano in tempo è rimasta intorno al 60-65% dall'inizio dell'anno, contro il 25% nel luglio 2020 e circa il 20% in media nel 2019).
- La domanda e l'offerta globale, che hanno spiegato la maggior parte della contrazione annuale del commercio nel 2020, rappresentano solo il 15% circa della crescita media del commercio globale (valore) dall'inizio di quest'anno. Più specificamente, le aziende statunitensi ed europee stanno gestendo le loro scorte per rispondere a un forte rimbalzo della domanda locale, che dipende dalle materie prime e dai beni prodotti e spediti dall'Asia.
Chi rischia e chi guadagna?
L'Europa (in particolare la Germania) è complessivamente in ritardo in termini di stock di materiali, mentre, gli Stati Uniti e alcune economie dell'Asia sembrano avvantaggiarsene.
L'Asia è probabilmente meno colpita dalle carenze di scorte, data l'elevata integrazione commerciale regionale e il posizionamento settoriale, che è prioritario per i fornitori. Al contrario, la maggior parte dei Paesi europei sta lottando per rifornire i bassi livelli di scorte. I Paesi Bassi e l'Irlanda rappresentano delle eccezioni, forse grazie al loro status di piattaforma commerciale e alla specializzazione nei settori tecnologico, chimico e farmaceutico.
Il settore dei trasporti, insieme al tessile, all'abbigliamento, all'informatica ed all’elettronica, stanno attualmente vedendo diminuire le scorte rispetto ai bassi livelli pre-crisi.
Dove, cosa e quanto esporta l’Italia?
All’interno di questo scenario, il Made in Italy riparte con vigore e nel 2021 si stima che registrerà una crescita del 12,5% rispetto all’anno precedente (valore). Questa crescita del Belpaese si traduce in un incremento addizionale dell’export pari a 60 miliardi di Euro, di cui la metà destinati ai Paesi dell’Unione Europea.
Tra i principali mercati di destinazione troviamo la Germania, con 7 miliardi di Euro di “export addizionale”, poi la Francia con 6 e gli USA, sempre con 6.
Cosa esportiamo? I settori su cui l’Italia è più attiva, sempre analizzando l’export addizionale, sono la Meccanica (+10 miliardi di Euro nel 2021 vs 2020), la Siderurgia (+5 miliardi di Euro), l’Energia (+5 miliardi di Euro) e il comparto agroalimentare (+4 miliardi di Euro).
“In questa fase di ripresa degli scambi internazionali – afferma Massimo Reale, Direttore Commerciale Euler Hermes Paesi Mediterranei, Medio Oriente e Africa – emerge la ripresa sostanziale dei nostri partners di riferimento, in particolare europei. Se da un lato ci sono preoccupazioni dalla frenata del settore automotive (da sempre volano del fatturato export italiano con la filiera di subforniture di eccellenza), registriamo segnali molto positivi nella meccanica strumentale e nei macchinari di precisione, oltre alle forniture industriali legate al settore della siderurgia. Tiene l’agroalimentare di qualità, soprattutto verso gli Stati Uniti, mentre l’attenzione va posta sulla manifattura tessile le cui attese sono di tassi di sviluppo di gran lunga inferiori al potenziale, sia per i grandi marchi europei tuttora in difficoltà sia per un modello distributivo fortemente impattato dal calo dei consumi tradizionali”.
E nel 2022, cosa accadrà?
È probabile che le pressioni sui prezzi e sulla capacità produttiva permarranno, anche se dovrebbero raggiungere il picco nel 2021. Tassi tariffari più bassi non compenseranno i cambiamenti strutturali che probabilmente manterranno elevati i costi del commercio. Ci aspettiamo che la crescita del commercio globale rimanga sopra la media nel 2022, a +6,2% in termini di volume e +8,4% in termini di valore, mentre, in Italia l’incremento atteso sarà del 6,3% (valore).
La domanda globale continuerà a essere sostenuta nel 2022, grazie al nuovo ciclo di infrastrutture, agli stimoli fiscali, ai risparmi residui (soprattutto nelle economie avanzate) e all'allentamento delle tariffe commerciali. A livello globale, dopo quest'anno, i produttori dovranno affrontare il picco del ciclo della domanda (intorno alla metà del 2022) in un momento in cui le scorte saranno superiori alla media.