L’andamento dell’indice di inflazione mondiale prevede per il 2025 un ulteriore calo, anche se la fase di discesa dei prezzi si va esaurendo.

L’inflazione in Italia a novembre 2024 è rimbalzata a +1,4% rispetto all’anno scorso (da 0,9% di ottobre), nell’Eurozona è salita al 2,3%, complice il costo dei generi alimentari non lavorati che rimane elevato e un ribasso dell'energia minore del previsto. L’inflazione acquisita per il 2024 in Italia è pari a +1%.

Guardando all’inflazione in Italia negli ultimi 10 anni, si notano valori medi che oscillano dal 3% nel 2012 al -0,2% nel 2020. Storicamente l'anno in cui si è raggiunto il massimo valore medio dell'inflazione è stato il 1980 con 21,2%. Il minimo c'è stato nel 1959 con -0,4%.

Sommario

  • L'inflazione globale è prevista in calo fino al 2025, ma il ritmo di discesa dei prezzi sta rallentando. 
  • L'inflazione può essere causata da una domanda superiore all'offerta (inflazione da domanda) o da un aumento dei costi di produzione (inflazione da offerta).
  • Prodotti come pasta, olio e riso hanno subito i maggiori rincari negli ultimi 10 anni. Le famiglie italiane stanno modificando le loro abitudini di consumo, spesso optando per prodotti di qualità inferiore e riducendo spese importanti.

Si parla di inflazione quando si registra un aumento generalizzato dei prezzi dei beni (cibo, energia elettrica, carburanti ecc.) e dei servizi. L’aumento dei prezzi, quindi, diminuisce la quantità sia di beni che di servizi che possiamo comprare e per questo si parla di riduzione del potere d’acquisto della moneta. L’inflazione si misura attraverso un indice dei prezzi al consumo, cioè una media dei prezzi di un insieme di beni e servizi denominato paniere. La media considera l’importanza dei singoli prodotti o servizi sul totale della spesa, mentre la variazione dell’indice misura l’aumento generale dei prezzi.

Tra le conseguenze dell’inflazione ci sono la riduzione del potere d’acquisto, la riduzione della crescita economica e l’aumento dei tassi di interesse che, per le imprese italiane, rappresenta un ulteriore fattore di allarme. Nel tentativo infatti di rallentare la crescita inflazionistica, l’aumento dei tassi d’interesse deciso dalla BCE ha comportato un aggravio degli oneri sui prestiti alle piccole imprese e alle imprese in generale che solo nell'ultimo anno sta rientrando. Le regioni più penalizzate da questo rialzo dei tassi sono state Lombardia, Lazio, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte.  La crescita dell'inflazione genera inoltre un impatto negativo per le aziende. 

Quando la domanda dei consumatori supera l’offerta sul mercato si parla di inflazione da domanda. Una causa di questa situazione può essere anche la riduzione improvvisa della quantità di beni prodotti, in questo caso si parla di inflazione da offerta, con conseguente aumento dei costi. Questo può avvenire per diversi motivi come, ad esempio un evento inaspettato che rende difficile l’approvvigionamento dei beni come è accaduto con la pandemia e ora con il conflitto tra Russia e Ucraina. Oppure la causa può essere rappresentata da un improvviso aumento del costo delle materie prime, come il petrolio e, come attualmente è accaduto, la crescita eccezionale dei prezzi dell’energia. Diversi fattori, sia di domanda che di offerta possono anche coesistere nel determinare l'aumento e gli effetti dell'inflazione.

Il paniere in Italia è nato nel 1928 ed era all’origine formato da 59 prodotti, ma, da allora, sono stati tantissimi i beni entrati ed usciti dalla lista. Sono entrati nel 1986 nel cestino degli italiani, tra gli altri prodotti, i telefoni cellulari e nel 1999 l’abbonamento a Internet. Nel 2022 sono entrati la sedia da PC, i tamponi per il Covid e la psicoterapia individuale, nel 2024 l’apparecchio per deumidificazione e purificazione aria, la lampadina smart, il pasto all you can eat, il padel. Il paniere, che viene aggiornato ogni anno dall’Istat, oggi conta 1.915 diversi beni e servizi che riflettono i consumi degli italiani in continua mutazione.

L’Istat produce tre diversi indici dei prezzi al consumo: l’indice Nazionale per l’Intera Collettività (NIC), l’indice per le Famiglie di Operai e Impiegati (FOI) e l’Indice dei Prezzi al Consumo Armonizzato a livello europeo (IPCA). Tre diversi indici che derivano dal fatto che l’inflazione non è uguale per tutti, dal momento che dipende dalle diverse abitudini delle persone. L’indice armonizzato invece permette di aggregare e confrontare l'inflazione italiana con quella degli altri Paesi UE.

Un’analisi di Federconsumatori rivela i rincari più pesanti degli ultimi 10 anni. Pasta, olio e riso guidano la classifica, ma anche il caffè al bar non è più lo stesso. Molti cittadini sono costretti a modificare le proprie abitudini, spostandosi verso prodotti di qualità inferiore, riducendo i consumi di carne e pesce e aumentando gli acquisti nei discount. In alcuni casi si rinuncia a spese importanti come quelle mediche.

Secondo la classifica UNC stilata su dati ISTAT, nella top ten delle città italiane più care nel 2024 Roma e Milano cedono il podio a Parma e Rimini, dove l’inflazione pari all’1,6% comporta una maggior spesa annua di 435 euro per una famiglia media.

Al secondo posto si posiziona Venezia, con un aumento dei prezzi dell’1,4% e un incremento di spesa annuo di 369 euro. Segue al terzo Firenze, sempre con un’inflazione dell’1,4%, che si traduce in una spesa aggiuntiva di 366 euro.

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